Pianta bienne o perenne, erbacea, con radice a fittone, cilindrica o conica, lunga e ramificata, recisa spande un latice bianco dal sapore amaro; fusti eretti, ramosi per rami rigidi e divaricati, incavati angolosi ispidi per peli rivolti verso il basso. Altezza 20÷150 cm.
Le foglie riunite in rosetta basale sono picciolate irregolarmente pennato-partite con segmenti triangolari acuti, le primordiali possono anche essere non dentate, indivise. Pelose, nei luoghi secchi, glabre nei luoghi erbosi, di colore verde scuro, spesso sono soffuse di rosso, specie sulla nervatura. Le foglie cauline sono alterne e sessili, le inferiori lobate sono pelose di sopra, le superiori oblunghe e lanceolate abbastanza inguainanti.
Le infiorescenze hanno involucro disposto su 2 file. Le brattee dell'involucro sono cigliate, quelle esterne sono corte e ovali, le interne oblunghe, lanceolate e dritte.
I fiori tutti ligulati, con linguetta a 5 denti, sono riuniti in capolini di 2÷3 elementi portati da brevi peduncoli, sono di colore azzurro intenso, più raramente bianchi o rosa. Le infiorescenze si chiudono nel pomeriggio e con il brutto tempo.
I frutti sono acheni color sabbia con cinque lati ispidi sull'orlo, sormontati da pappo con pagliette brevissime. Papppo lungo 1/10-1/8 dell'achenio.
Tipo corologico: Cosmop. - In tutte le zone del mondo, senza lacune importanti.
Antesi: luglio÷ottobre.
Distribuzione in Italia: presente in tutte le regioni.
Habitat: luoghi erbosi e campi incolti, lungo i margini delle strade; 0÷1.200 m s.l.m.
Note di Sistematica: è inclusa la subsp. che un tempo era indicata come Cichorium intybus subsp. glabratum (C. Presl.) Arcang.
Note, possibili confusioni: specie simile è il Cichorium endivia subsp. pumilum (Jacq.) Cout. - Endivia selvatica, che si differenzia per essere pianta annua, di dimensione minore, peloso-ispida, con peduncoli ingrossati a clava sotto i capolini e pappo lungo 1/6-1/2 dell'achenio. Avventizia naturalizzata.
Etimologia: è difficile stabilire con certezza l'origine etimologica di questo binomio, quello del genere potrebbe derivare dal greco "kikhória" forse da "kikhéo"= io trovo, io cerco e "óros"= monte . Il nome specifico derivato dal greco” èntubon” corrisponde all'italiano indivia.
Proprietà ed utilizzi: specie commestibile officinale.
Principali costituenti: lattoni sesquiterpenici, derivati dell'acido caffeico, idrossicumarine, flavonoidi, sali minerali, vitamine, aminoacidi.
Erba amara, diuretica, leggermente lassativa, stomachica, antinfiammatoria, febbrifuga, ad azione tonica sul fegato e la cistifellea, è ottima come depurativo per la presenza dell'acido dicaffeiltartarico, e per questo è indicata nel drenaggio e come coadiuvante nelle terapie dimagranti.
Con le radici cotte, oppure fresche pestate, si ottiene una maschera rinfrescante ed emolliente da applicare sul viso, per combattere gli arrossamenti della pelle.
Gli ingredienti attivi contenuti nel Cichorium intybus, sono stati studiati presso il Centro Resnati, dell' Ospedale San Raffaele di Milano, per valutarne l'efficacia nel trattamento dell'alopecia androgenetica, pare con risultati incoraggianti.
In cucina si possono utilizzare le foglie per preparare insalate sia crude che cotte, saporite, ma decisamente amare.
In passato,soprattutto nel periodo bellico, le radici tostate, venivano usate come succedaneo del caffè.
Buona mellifera.
Curiosità: Impiegata sin dall'antichità nelle pratiche magiche si riteneva che la sua radice fosse in grado di rendere invisibili. Accanto a questo, esisteva un uso terapeutico risalente agli antichi egizi, che la citano già 4.000 anni fa nel “Papiro di Ebers” . Gli egizi come più tardi gli arabi fecero grande consumo delle foglie come insalata. Al tempo dei faraoni il succo, unito ad aceto e olio di rosa, veniva impiegato contro il mal di testa, mentre veniva bevuto con il vino per alleviare il fegato e i problemi di vescica.
Il medico greco Galeno la considerava “amica del fegato e non contraria allo stomaco”.
Già in epoca romana veniva coltivata come verdura.
Estimatore di quest'erba era il poeta latino Orazio che pare la consumasse tutti i giorni.
Castore Durante la consigliava alle donne con mammelle "languide" pare che il succo rendesse nuovamente il seno pieno e turgido.
Una leggenda rumena narra che il sole chiese in moglie una bellissima donna che si chiamava Domna Floridor, Donna dei Fiori. Lei non volle saperne, ed il sole indignato la trasformò in fiore di cicoria, condannato a fissare l'astro dal momento in cui appare e a richiudere i petali nel momento in cui scompare.
Il botanico tedesco Conrad di Megenberg, vissuto nel XIV secolo, chiamò la cicoria "sponsa solis", sposa del sole, e nella tradizione popolare di tutta la Germania era nota come erba del sole o del solstizio.
Un'altra leggenda vuole che, raccogliere la cicoria, senza sradicarla, ma con una moneta d'oro nelle mani, nel giorno dei santi Piero e Paolo, il 29 giugno, assicuri la corresponsione amorosa.
Nel linguaggio dei fiori rappresenta la frugalità e la temperanza.
L'uso della cicoria come surrogato del caffè, fu introdotto dal botanico e medico padovano Prospero Alpini nel 1600 circa, aveva allora scopo terapeutico. Solo in seguito nel 1690 circa, la cicoria venne coltivata come succedaneo del caffè dagli olandesi, da qui il nome di "caffè olandese".
La coltivazione di cicoria a questo scopo, ebbe un grande impulso in seguito al blocco continentale, quando Napoleone si oppose all'importazione della canna da zucchero e anche del caffè.
Tuttora come verdura, è un'importante coltura diffusa in tutta l'Europa continenatale.
Esistono 3 tipi principali di cicoria da fogliame: le cultivar amare, a foglia increspata (catalogna), coltivate come verdura invernale; quelle a foglia stretta (tipo cicoria belga) consumate perlopiù in insalata; quelle a foglia larga (tipo trevigiana a foglie rosse o radicchio), che si consumano crude o cotte.
[Marinella Zepigi,
23/09/2008]
"Cichorium intybus L. - Cicoria comune"
In Acta Plantarum, Forum
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